Intervista sul libro "Predisporre percorsi di gioco
Tratta dal sito: http://www.parlamidite.com/Intervista.asp?Id=1417
Oggi incontriamo Antonio Cisternino, autore del libro "Predisporre percorsi di gioco"
Un moto darwiniano per cui il senso della vita è la conservazione di sé e della specie, quindi la procreazione.
Un pò di tempo fa un collega mi ha riferito un proverbio cinese secondo il quale un uomo può considerarsi completo se nella sua vita ha fatto tre cose: piantato un albero, avuto un figlio e scritto un libro. Avendo fatto le prime due mi mancava l'ultima: la mia attività di terapeuta e la disponibilità della casa editrice Kimerik mi hanno consentito di realizzare questo mio desiderio.
In tanti mi hanno chiesto a chi è rivolto il libro. Il mio professore di matematica delle scuole superiori diceva che tutta la vita è matematica. Ecco, tutta la vita è anche psicologia e quindi nonostante qualche tecnicismo questo è un libro rivolto a tutti e soprattutto alla parte infantile che vive in ognuno di noi.
Il titolo riassume tutto il senso del mio libro. Innanzitutto il termine pre-dis-porre assume tre livelli di significato: 1. Predisporre. Questo concetto vale per la psicoterapia come in ogni campo della vita: ad esempio se vogliamo preparare una torta pensiamo quali sono gli ingredienti che ci serviranno, controlliamo se li abbiamo tutti a disposizione etc. In altre parole prima di fare qualsiasi cosa noi pensiamo a come, quando, dove, perché, ovvero tutto ciò che riguarda l'organizzazione mentale e strutturale affinché si possa realizzare ciò che abbiamo in mente: in tal senso l'incontro tra terapeuta e paziente ha luogo prima della reale stretta di mano. 2. Disporre nel senso di mettere la soggettività e la capacità di immedesimazione del terapeuta al servizio del paziente. Tornando all'esempio della torta: gli ingredienti sono sempre gli stessi, ma il risultato cambia a seconda di chi la prepara. 3. Il Porre richiama l'aspetto della creatività del terapeuta per cui se manca un ingrediente la "buona mamma" riuscirà con una pennellata di genialità a preparare comunque una torta buonissima.
Il concetto di percorso riprende invece il senso della terapia come incontro tra due storie, quella del paziente e del terapeuta, da cui può avere origine un nuovo percorso. Lo psicologo clinico svolge la funzione di Virgilio che accompagna il Dante personaggio a riappropriarsi del Dante autore e divenire guida di se stesso. Come una mamma "sufficientemente buona" insegna al proprio bambino a camminare da solo sostenendone le cadute, lo specialista interviene durante il lavoro terapeutico ponendo dei si (amore incondizionato) e dei no (regole) al paziente al fine di consentire a quest'ultimo il raggiungimento di vari livelli di autonomia nelle diverse sfere della vita.
Il gioco nella terapia come nella vita è essenziale: per i bambini l'attività ludica è una "questione seria" durante la quale sperimentano tutta la loro personalità. Gli adulti talvota sembrano perdere la capacità di ascoltare il fanciullino interiore e limitano la propria visione della realtà trincerandosi dietro le difese costruite nel corso della vita.
La copertina del libro disegnata da mia moglie è esaustiva di tutti questi aspetti: il lunapark è l'unico luogo in cui l'aggressività viene premiata e l'aggressività, sottolinea Winnicott, è la prima forma di espressione dell'amore. La panoramica rappresenta la visione a 360° della vita; il gazebo è il servizio informazione che richiama agli aspetti di accoglienza dei pensieri e/o sentimenti negativi che spesso determinano una sensazione di cattiveria: come affermo sempre non esistono bambini cattivi, al massimo un pò monelli. La bambina ha in mano un palloncino che sta a significare il divertimento e nell'altra il cane, ovvero le responsabilità. Il papà guarda la figlia dalla giusta distanza così come il terapeuta fa con il proprio paziente immedesimandosi con la sua storia e allo stesso tempo mantenendo un piede fuori dalla tempesta.
Il libro rappresenta il frutto di tutti gli anni di crescita a livello professionale e umano. Se vogliamo entrare nello specifico la prima parte del libro ha un'impostazione per lo più bibliografica rimandando ad autori come Freud, Ferenczi, Winnicott, Heimann, Balint, Borgogno, ovvero agli psicoanalisti che rappresentano la mia cornice teorica di riferimento. Per leggere le opere di questi autori ci son voluti più di quattro anni e come mi ha insegnato un mio professore durante gli anni di Specializzazione le opere di un autore vanno lette lungo il suo percorso per comprendere meglio l'evoluzione del suo pensiero. La seconda parte riguarda il lavoro con una piccola paziente durato un paio d'anni. Insomma la lettura dei testi e la terapia rappresentano la parte maggiore del lavoro, scriverlo ha richiesto qualche mese.
Dall'incontro tra il mio spirito creativo e la storia e l'emozioni che ogni mio/a paziente mi regala. Una delle difficoltà maggiori è riconoscere, differenziare e gestire le emozioni e ciò è dovuto al fatto che l'educazione all'amore molto spesso non va di pari passo all'educazione all'odio, intendendo con il termine odio tutte quelle emozioni considerate negative e che in realtà possono essere sorgente d'ispirazione. Pensiamo ai poeti che creano le loro opere in momenti di tristezza, o la rabbia che se espressa in modo ottimale consente di diminuire lo stress e alimentare la propria capacità assertiva, o ancora la paura/l'ansia che se non supera una certa soglia può salvarci la vita. L'equilibrio tra l'amore e l'odio rende l'uomo e la donna liberi di vivere.
Tra i suoi progetti c’è anche quello di proseguire la sua carriera di autore?
Ritorno a quel proverbio cinese citato nella prima domanda: se un uomo ha già piantato un albero, avuto un figlio e pubblicato un libro può considerarsi completo. Completo non vuol dire finito. Penso che questo non sia il punto di arrivo, ma la condizione di base per cui un uomo possa definirsi tale. Un altro libro è già in cantiere, ma non aggiungo altro.
Riserviamo l’ultima parte dell’intervista a domande personali. Conosciamo meglio l’autore, ci racconti, di cosa si occupa? Si vuole raccontare e vuole raccontarci il suo mondo privato?
Il mio modo di veder la vita può essere definito né ottimista né pessimista, ma "speranzoso". Essere speranzosi vuol dire osservare sia la parte di bicchiere piena che quella vuota per avere una visione completa della vita. Nelle varie situazioni è importante dare il massimo anche se un giorno il massimo può essere il 100% e un altro il 10% e soprattutto godere dei risultati ottenuti. Pertanto se il bicchiere è pieno solo un pò è fondamentale assaporarsi quell'acqua. Questo è lo spirito che cerco di portare nella mia vita privata e professionale.
La famiglia per me è come l'ossigeno. Ringrazio mia moglie Marzia, perché essere padre è un'esperienza meravigliosa e il dono più bello che lei potesse farmi. Mia figlia Katherine ha un bel carisma e tra gioie e fatiche riempie la nostra vita.
C’è un motto, una frase o un aforisma che potrebbe caratterizzarla?
Spesso mi capita di dire ai miei pazienti che è la profondità con cui leggono una frase a renderla effettivamente profonda ai loro occhi. Il concetto di relatività di Einsten mi ha sempre affascinato, ma se è vero che tutto è relativo anche la relatività lo è e quindi esistono le verità assolute. Assumere una visione a 360° del mondo permette di considerare le situazioni con altri occhi. A tal proposito vorrei raccontare la storiella dell'uccellino nella steppa: è inverno e un uccellino ha freddo. Passa di lì una mucca e lo ricopre di cacca. L'uccellino tira la testa fuori ed esclama: "che bel calduccio". Mentre si gode il calduccio un'aquila che vola lo vede. Scende in picchiata, lo cattura e lo mangia. Morale: non sempre chi ti ricopre di cacca lo fa per farti del bene e non sempre chi ti toglie dalla cacca lo fa per farti del bene.
Un altro concetto che mi piace è la legge della conservazione della massa di Antoine-Laurent de Lavoisier secondo cui "nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma: ciò vale anche per la psiche. Se prendiamo un foglio e tracciamo una linea con la matita e poi cancelliamo tale linea, comunque il segno sul foglio resta. La linea rappresenta i vari traumi o eventi stressanti che possiamo subire nel corso della vita. La psicoterapia funziona nella misura in cui trasformiamo questo segno in un prato e costruiamo sopra delle case, disegnamo degli alberi, un paesaggio diverso: in altre parole un modo più adeguato di percepire una cicatrice che di fatto non possiamo cancellare. Mi viene in mente un'altra storia. Un contadino ha due giare: una integra e una i cui cocci sono stati rimessi assieme con la colla. Il contadino va a prendere l'acqua da un pozzo che si trova a un chilometro dalla sua casa e tornando la giara integra è piena d'acqua, mentre quella rotta è vuota. Un giorno il contadino sente piangere la giara rotta e le chiede perché è in lacrime. La giara risponde: <<perché non servo a nulla!>>. Allora il contadino le mostra il percorso che ogni giorno fanno per andare a prendere l'acqua ed esclama: <<Vedi tutti quei fiori? Mentre tornavamo io buttavo dei semi nel campo e tu perdendo l'acqua innaffiavi e sono cresciuti tutti quei fiori!>>. Il terapeuta è come il contadino che consente al paziente di trasformare le fragilità in risorse.
Il libro più bello che ha letto negli ultimi 3 anni?
"Vai e Vivrai" di Radu Mihaileanu. Racconta la storia di un bambino etiope che deve far finta di essere ebreo per salvarsi dalla guerra, ma lui crede che la mamma lo abbia mandato via per un altro motivo e si sente in colpa. Vive una vita facendo finta di essere chi non è e non può dirlo a nessuno, nemmeno alle persone che ama, per "salvarsi la vita". Naturalmente non dico qual'è la fine.
Nella sua vita cosa reputa fondamentale?
L'armonia famigliare, le relazioni e la soddisfazione sul piano lavorativo.
Cosa le piace?
Vivere ed esplorare, ma ciò non vuol dire che nel corso della vita sia necessario provare di tutto: si può comprendere anche grazie all'immedesimazione, nonostante l'esperire in prima persona dia una marcia in più.
Cosa non le piace?
Il pregiudizio, perché limita la capacità delle persone di gustarsi la vita, di autoperdonarsi e di entrare in relazione con gli altri: ad esempio i social network se mal usati alimentano il pregiudizio e non favoriscono le relazioni spersonalizzando gli individui.
Credo che nell'esprimere una valutazione rispetto a una persona sia importante dirsi: "Se io fossi nato da sua mamma e da suo papà, ora sarei al suo posto e lui/lei al mio". Non è un modo per giustificare tutto, ma per capire il perché delle cose ed eventualmente intervenire alla sorgente più che alla foce. All'inizio del mio libro viene citata una frase di Virgilio: "Felice è chi ha potuto conoscere la causa delle cose". Aggiungo: "Beato è chi vive nell'ignoranza senza rendersene conto. La conoscenza non è solo a livello cognitivo, ma anche emotivo, corporeo, spirituale. Tra essere felice e beato, io preferisco sapere e sapere di non sapere.
Commenti
Posta un commento